Per il mese di Aprile abbiamo scelto una poesia del monaco Ryōkan anziché la frase di un maestro di arti marziali.
Ma è poi tanto diverso?
Ryōkan Taigu è stato un eremita e monaco Zen vissuto tra il 18° e il 19° secolo ed è ricordato ancora oggi per gli splendidi versi con cui ha celebrato la semplicità, la compostezza e la leggerezza della Via: i suoi versi parlano della gioia di un incontro con un amico, del giocare a palla con i bambini nei giorni di primavera, della solitudine dell'eremo e della profonda compassione che un uomo illuminato prova nei confronti di ogni essere vivente.
Nella poesia che abbiamo scelto per il mese di Aprile, Ryōkan affronta il tema del controllo del proprio cuore: uno spirito finalmente pacificato è in grado di muoversi nel mondo senza essere preda di passioni improvvise e momentanee.
Questo stato di pace e di profondo autocontrollo è ciò a cui aspirano anche le arti marziali, attraverso un percorso duplice: da un lato esteriore, dall'altro profondamente intimo.
Non può esistere, infatti, una Via marziale che approfondisca solo l'aspetto tecnico ed esteriore dell'arte del combattere. Le scuole antiche lo sapevano bene: un guerriero abilissimo nella tecnica ma incapace di dominare i propri sentimenti, al momento della battaglia probabilmente si sarebbe bloccato o sarebbe fuggito in preda a mille emozioni contrastanti.
Per questo motivo ogni Via marziale possiede un insegnamento interiore, un percorso personale che ciascun praticante deve intraprendere sapendo che si troverà
ad affrontare nientemeno che se stesso, con le proprie paure ed i propri demoni.
Solo colui che è in grado di superare questi ostacoli e di prendere finalmente il controllo su ogni parte di sé (cuore incluso) può essere considerato un vero guerriero.
Oggi molte Vie marziali sono divenute semplici sistemi per tenersi in forma o, peggio ancora, sport utilizzati come pretesto per nutrire costantemente il proprio bisogno di gratificazione e di vittoria. Il lato interiore di queste arti si è perso, etichettato come "la parte filosofica", termine che spesso viene accompagnato da un sorrisetto ammiccante e sembra suggerire qualcosa di ridicolo, di superfluo, di non scientifico.
E così oggi milioni di praticanti affollano i dojo di tutto il mondo, indaffarati a dimenare braccia e gambe, a lanciare urletti e a fare saltelli, convinti che l'arte marziale consista in quello e che la maestria si ottenga colpendo più forte, saltando più agilmente o urlando con più intensità; i più razionali analizzano con appositi macchinari la forza erogata da un pugno o da un calcio e scrivono articoli pieni di paroloni per dimostrare (sempre con quel sorrisetto ammiccante di cui sopra) che dopotutto questi maestri antichi ci avevano azzeccato in molti campi, pur non avendo la grande competenza scientifica che noi, uomini modernissimi e progressisti, oggi possediamo.
La società è cambiata: difficilmente qualcuna di queste persone si troverà ad affrontare la morte per mano di un uomo armato di spada o sarà costretto a difendersi a mani nude su un campo di battaglia, di conseguenza l'arte diviene passatempo e il lato interiore si perde.
Nello Zanshin Tech non possiamo permetterci questo "lusso": il mondo digitale oggi è un luogo in cui si può rischiare la vita, in cui qualcuno può trovarci, studiarci, ingannarci e perseguitarci, un luogo in cui le nostre paure possono essere usate per spingerci al suicidio: esistono persone che, con sistematica premeditazione, sono in grado di fare leva sulle nostre debolezze, sulle ansie, sull'orgoglio, su ogni nostra questione irrisolta, al fine ultimo di distruggerci.
I Guerrieri Digitali non possono quindi dedicarsi esclusivamente alla conoscenza tecnica, ma devono percorrere con grande coraggio la via dell'insegnamento interiore, affrontando i propri sentimenti ed arrivando a conquistare il proprio cuore, divenendo così uomini e donne completi e sereni.
A Zanshin Tech si parla della morte, si guarda in faccia la realtà e si discute dei propri sentimenti: non possiamo non farlo, perché il nostro scopo è quello di portare ogni praticante a confrontarsi con se stesso.
D'altra parte in quale altro luogo, ormai, si possono affrontare questi temi? Dov'è che un adolescente può parlare di ciò che ha dentro, magari confrontandosi con altre persone della sua età e sotto la guida di qualcuno che ha già vissuto, in parte, quel cammino?
Ogni Guerriero Digitale deve quindi impegnarsi a fondo nel percorrere la duplice via esteriore (controllo della tecnologia) ed interiore (controllo dei sentimenti), accettando ciò che i maestri gli indicano di volta in volta, senza cadere nella tentazione di sottovalutare il cammino interiore o di considerarlo una stramberia superflua messa lì solo per fare un po' di scena.
Il controllo del proprio cuore porta grande serenità e pace, ma la via per arrivare a tutto questo è fatta di impegno e fatica, di momenti di debolezza in cui si cade e di altri in cui ci si rialza e si prosegue più risoluti di prima.
Ad un certo punto, però, una luce inizia ad affiorare: quando il controllo del cuore è raggiunto ogni cosa appare rinnovata, ogni momento della propria vita viene vissuto in una forma nuova, al 100%, qui ed ora.
Ed è in quel momento che il guerriero può sedersi, ripensare a come era un tempo e, sorridendo, affermare